La musica tonale e il concetto di finalità

Daniela Lupo, May 29, 2018

www.stankovuniversallaw.com

English translation by Georgi Stankov below

Parliamo di tonale quando ci riferiamo ad ogni tipo di musica organizzata attorno ad un suono centrale, la “tonica”. In senso più stretto parliamo di musica tonale quando si stabilisce un rapporto gerarchico tra la tonica e tutti gli altri gradi di una scala diatonica maggiore o minore.

In Europa è agli inizi del ‘600 che la musica tonale fa la sua comparsa, precisamente fu Gioseffo Zarlino, che verso la metà del  Cinquecento introdusse il principio della tonalità e la teoria della formazione dell’accordo (Zarlino chiarisce come la musica sia innanzitutto un sapere o, meglio, una scienza fondata sulla quantificazione delle voci e dei suoni musicali. La definizione di musica come scienza esatta che si appoggia all’aritmetica era in pieno accordo con il fermento culturale rinascimentale nel quale viveva l’autore. Nel suo Dimonstrationi Harmoniche del 1571, Zarlino rivede il numero di modi per enfatizzare il Do nel modo Ionio, realizzando così un sistema basato su tonalità di scale maggiori e minori), ma già molto prima Pitagora aveva fondato il suo sistema basato sugli armonici e sui loro rapporti matematici e aveva affrontato lo studio degli armonici naturali (gli armonici naturali sono una successione di suoni (ipertoni) le cui frequenze sono multipli di una nota di base, chiamata fondamentale).

L’ utilizzo del sistema tonale durerà in tutta la sua portata fino agli inizi del ‘900, quando la musica tonale entra in crisi nella musica colta, mentre rimane in auge nella musica popolare e leggera fino ai giorni nostri. In tal senso, quasi tutta la musica è “tonale”, compresa quella delle culture non occidentali.

A partire dalla seconda metà dell’800 l’evoluzione della tonale va sempre più decisamente verso la politonalità e l’atonalità. Queste nuove teorie (e le rispettive pratiche musicale, come la dodecafonia) sono intese spezzare la gerarchia dei suoni imposti dalla tonale e superare la limitatezza dei due modi maggiori e minore. In particolare il sistema tonale fu messo in discussione da Richard WagnerFranz Liszt sino ad arrivare alla dodecafonia di Arnold Schönberg e alla atonalità. La musica d’uso e la musica popolare, oltre a un gran numero di compositori novecenteschi neoclassici (si pensi a Igor Stravinskij o a Ottorino Respighi) e scuole nazionali ispirate al folklore (specie in area balcanica), hanno tuttavia continuato ad usare procedimenti tonali fino ai nostri giorni.

Infatti questo sistema si basa sull’uso di due soli tipi di scale: scale di modo maggiore e scale di modo minore che, con le rispettive caratteristiche musicali ed espressive e la valorizzazione dei molteplici rapporti armonici tra le note della scala, mettono in atto una complessa rete di relazioni lineari e polifoniche in cui la melodia sfrutta il potenziale di tensione o di appagamento offerto da ogni singola nota, ma in contemporanea interagisce con il potenziale di tensione o di appagamento offerto dal contesto armonico, ossia dalla successione di accordi che la sottende.

Attorno alla tonica, la prima nota, su cui si costruisce tutto il sistema scalare maggiore (o scala Ionica), e verso la tonica, gravitano tutti gli altri suoni. La tonica ha quindi una importanza maggiore degli altri gradi ed è anche il grado “risolutore” su cui normalmente riposa un brano.

Il sistema tonale è racchiuso e rappresentato nella scala musicale. (Per scala musicale intendiamo una successione di otto suoni che si succedono senza salti e che iniziano e terminano con la ripetizione dello stesso suono (sette più uno), il suono “gemello” di arrivo. La scala può essere ascendente, se le note vanno dal grave all’acuto, discendente, se le note vanno dall’acuto al grave. Essa può essere formata a partire da una qualunque delle sette note, prendendo via via il nome della nota di partenza, che è poi anche quella di arrivo).

Su ogni grado della scala così formata vanno applicate le regole armoniche della formazione dell’accordo (minimo a tre parti, le triadi) che si formano su ogni nota (o grado) del sistema scalare usato. Senza entrare troppo nello specifico vediamo che si possono creare delle relazioni melodiche e delle relazioni armoniche e degli effetti tra i suoni intorno ai gradi principali: la tonica (o primo grado della scala), che esprime la risoluzione di un rapporto, la dominante (o quinto grado della scala), che esprime la tensione di un rapporto, e la sottodominante (o quarto grado della scala). Pertanto i gradi I, IV e V, in tale successione, attestano inequivocabilmente una tonalità (oltre a rappresentare una cadenza mista).

La caratteristica principale della musica tonale, rispetto a quella precedente (pre-tonale o modale) e a quella successiva (post-tonale, cromatica, atonale, seriale) è la sua forte spinta verso la risoluzione cadenzale. La musica tonale è in grado di creare un campo temporale orientato in senso teleologico; non a caso essa si sviluppa parallelamente al concetto moderno di storia e a quello di progresso. La forza della tonalità ha permesso al linguaggio musicale un’espansione quale non aveva conosciuto in tutta la sua storia precedente: basti pensare che la stragrande maggioranza delle opere musicali che oggi fanno parte del repertorio rientra in questa categoria.

La teleologia  (dal greco τέλος (télos), fine, scopo e λόγος (lógos), discorso, pensiero)  è la dottrina filosofica del finalismo, che ammette la causalità del fine non solo nella comune attività volontaria dell’uomo razionale indirizzata alla realizzazione di uno scopo, ma anche in quelle sue azioni involontarie e inconsapevoli che tuttavia realizzano un fine. Quindi il fine è sia causa dell’organizzazione totale del  mondo sia causa di singoli eventi.

Il termine finalismo sembra risalire a Christian Wolff che lo usò nella sua Philosophia rationalis sive logica (1728), in relazione a «quella parte della filosofia naturale che spiega i fini delle cose».

Anche senza questo termine, la concezione finalistica risale alla filosofia greca antica in contrapposizione alla filosofia del determinismo dei filosofi della natura. La dottrina del finalismo implica due tesi: 1) il mondo  è organizzato in vista di un fine; 2) la spiegazione di ogni evento del mondo consiste  nell’addurre il fine verso cui l’evento è diretto.

Secondo la testimonianza di Platone e di Aristotele il primo degli antichi ad ammettere la cusalità del fine fu Anassagora che parla di un entità ordinatrice (intelletto) Nous che “le cose commiste alle separate e distinte, tutte ha presenti in sé… e [mette] in ordine. “

Platone presenta la propria dottrina come una conseguenza del principio di Anassagora che l’intelligenza è la causa ordinatrice del mondo e che governa ogni singola cosa e indirizza tutta la realtà “nel modo migliore o eccellente”.

Ma la dottrina che che ha fatto prevalere la concezione finalistica nella metafisica antica e recente è quella aristotelica. Le due tesi proprie del Finalismo sono parti integranti della metafisica aristotelica. Da un lato Aristotele afferma  che “tutto ciò che è per natura esiste per un fine” e identifica il fine con la stessa sostanza “o forma o ragion d’essere della cosa”. Dall’altro lato, ritiene che l’universo è subordinato ad un unico fine che è Dio stesso, dal quale dipende l’ordine e il movimento dell’universo stesso.

Su queste basi Aristotele difende la causalità del fine contro la tesi che egli chiama della  “necessità” dove le cose non avvengono in vista del loro risultato migliore, ma talvolta sono il risultato accidentale della necessità o del caso, secondo la dottrina di Empedocle. Quindi per Aristotele non è il caso a spiegare la natura, ma il finalismo che vale anche per il mondo inorganico dove ogni cosa, se non impedita, si dirige verso il suo “luogo naturale”.

Lo scopo infatti, per Platone e per Aristotele, è la forma o ragion d’essere della cosa; e la determinazione dello scopo è la spiegazione causale della cosa stessa.

https://wikipedia/ Musica_tonale

http://digilander.libero.it/romagnani/ il sistema tonale/ romagnani

http://www3.unisi.it/ introduzione al linguaggio musicale/tonalità.

N.Abbagnano Dizionario di Filosofia UTET

 

Tonal music and the concept of finality

Daniela Lupo

We speak of tonal when we refer to any type of music organized around a central sound, the “tonic”. In the narrower sense we speak of tonal music when establishing a hierarchical relationship between the tonic and all the other tones of a major or minor diatonic scale.

In Europe tonal music makes its appearance at the beginning of the 1600’s, precisely it was Gioseffo Zarlino, who introduced the principle of tonality and the theory of the formation of the chords towards the middle of the 16th century (Zarlino clarifies that music is first and foremost a knowing, or rather, a science based on the quantification of musical voices and sounds. The definition of music as an exact science based on arithmetics was in full agreement with the Renaissance cultural ferment in which the author lived. In his harmonic demonstrations of 1571, Zarlino reviews the number of modalities to emphasize the C in the Ionian way, thus creating a system based on shades of major and minor scales). But already much earlier Pythagoras had founded his system based on harmonics and their mathematical relationships and had dealt with the study of natural harmonics (natural harmonics are a succession of sounds (overtones) whose frequencies are multiples of one base note, called fundamental).

The use of the tonal system continued in full force until the beginning of the 20th century, when tonal music entered a crisis in classical music, while it remains in vogue in popular and light music up to the present day. In this sense, almost all music is “tonal”, including that of non-Western cultures.

Starting from the second half of the nineteenth century the evolution of the tonal goes more and more decisively towards polytonality and atonality. These new theories (and their respective musical practices, such as dodecaphony) are intended to break the hierarchy of sounds imposed by the tonal and overcome the limitation of the two major and minor modes. In particular, the tonal system was questioned first by Richard Wagner and Franz Liszt and stipulated in Arnold Schönberg’s dodecaphony and atonality. Conventional and popular music, as well as a large number of neoclassical twentieth-century composers (such as Igor Stravinsky or Ottorino Respighi) and national schools inspired by folklore (especially in the Balkan area), nevertheless continued to use tonal procedures until in our day.

In fact, this system is based on the use of only two types of scales: scales of major mode and scales of minor mode that, with their respective musical and expressive characteristics and the enhancement of the multiple harmonic relationships between the notes of the scale, put in place a complex network of linear and polyphonic relations in which the melody exploits the potential of tension or fulfillment offered by each single note, but simultaneously interacts with the potential of tension or fulfillment offered by the harmonic context, i.e. by the succession of chords that underlies it.

All the other sounds gravitate around, and towards, the tonic, the first note on which the whole major scale (or Ionic scale) is built. The tonic has therefore a greater importance than the other tones and is also the “key” tone on which a piece normally rests.

The tonal system is enclosed and represented in the musical scale. (By musical scale we mean a succession of eight tones that happen without jumps and that start and end with the repetition of the same tone (seven plus one), the “twin” tone of the initial one, also known as the octave. The scale can be ascending, if the notes go from low to high, and descending, if the notes go from high to low. It can be formed starting from any of the seven notes, taking the name of the starting tone, which is also the arrival tone).

The harmonic rules of the formation of the chord (minimum of three tones, triads) applies to each tone of the scale thus formed. Without getting too specific, we see that we can create melodic relationships and harmonic relations and the effects between the sounds around the main tones: the tonic (or first tone of the scale), which expresses the resolution of a relationship, the dominant (or fifth tone of the scale), which expresses the tension of a relationship, and the subdominant (or fourth tone of the scale). Therefore the tones I, IV and V, in this sequence, unequivocally build a tonality (as well as representing a mixed cadence).

The main characteristic of tonal music, compared to the previous one (pre-tonal or modal) and the subsequent one (post-tonal, chromatic, atonal, serial) is its strong push towards resolution through cadence. The tonal music is able to create a teleologically oriented time field; it is not by chance that it developed parallel to the modern concept of history and that of human progress. The strength of the tonality has allowed an expansion of the musical language which it had not known in all its previous history. Consider that the vast majority of the musical works that today are part of the usual repertoire falls into this category.

Teleology (from the Greek τέλος (télos), end, purpose and λόγος (lógos), speech, thought) is the philosophical doctrine of finalism, which admits the causality of the end not only in the common voluntary activity of rational man directed to the realization of a purpose, but also in those involuntary and unconscious actions that nevertheless accomplish an end. So the end, the final purpose, is both the result of the total organization of the world and that of individual events.

The term finalism seems to date back to Christian Wolff who used it in his Philosophia rationalis sive logic (1728), in relation to “that part of the natural philosophy that explains the ends of things”.

Even without this term, the conception of finality goes back to ancient Greek philosophy as opposed to the philosophy of determinism of the natural philosophers. The doctrine of finalism implies two theses: 1) the world is organized in view of an end; 2) the explanation of every event of the world consists in inducing the end towards which the event is directed.

According to the testimony of Plato and Aristotle the first ancient thinker to assume the causality of the end was Anaxagoras who spoke of an ordering entity (intellect) Nous (see also Neoplatonism) to which “all separate and distinct things belong, all of them are present in itself … and it [puts] them in order.

Plato presents his own doctrine as a consequence of the principle of Anaxagoras that intelligence is the ordering cause of the world that governs every single thing and directs all of reality “in the best or excellent way” (see also Leibniz’ Monadology).

But the doctrine that has made the finalistic conception prevail in ancient and recent metaphysics is the Aristotelian one. The two theses of Finalism are integral parts of Aristotelian metaphysics. On the one hand, Aristotle states that “all that is by nature exists for an end” and identifies the end with the same substance “or form, or reason of being of the thing“. On the other hand, he believes that the universe is subordinated to a single end that is God himself, on which the order and the movement of the universe itself depends.

On this basis Aristotle defends the causality of the end against the thesis that he calls the “necessity” where things do not happen in view of their best result, but sometimes they are the accidental result of necessity or chance, according to the Empedocles doctrine. Hence for Aristotle it is not the case to explain nature, as the finalism is also valid for the inorganic world where everything, if not impeded, goes towards its “natural place”.

In fact, for Plato and Aristotle, the aim is the form or raison d’être of the thing; and the determination of the purpose is the causal explanation of the thing itself.

https://wikipedia/ Musica_tonale

http://digilander.libero.it/romagnani/ il sistema tonale/ romagnani

http://www3.unisi.it/ introduzione al linguaggio musicale/tonalità.

N.Abbagnano Dizionario di Filosofia UTET

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